Il primo provvedimento riguarda una Regione che aveva pubblicato sul proprio sito un documento riguardante l’esecuzione di una sentenza civile relativa a un debito maturato dall’ente. Alle proteste dei segnalanti, l’amministrazione aveva risposto giustificando la pubblicazione online sulla base di alcune disposizioni di natura contabile.
Nel caso specifico, però, il Garante ha ricordato che i dati personali contenuti in quei documenti potevano essere giustamente usati per controlli della magistratura contabile sui debiti fuori bilancio, ma che le norme citate non prevedevano la diffusione di quei dati.
Tenendo conto della collaborazione offerta dall’ente e dell’impegno per la verifica delle misure tecniche e organizzative adottate dal personale per il rispetto della privacy, il Garante ha comminato alla Regione una sanzione pecuniaria di 4.000 euro.
L’Autorità ha accolto anche il reclamo nei confronti di due enti locali, un Comune e l’Unione Comunale a cui esso appartiene, che avevano pubblicato sui rispettivi siti web, nella sezione amministrazione trasparente o nell’albo online, atti amministrativi riferibili al reclamante, diffondendo anche dati personali relativi a condanne penali e a reati. Nel corso dell’istruttoria, le due amministrazioni hanno sostenuto che la pubblicazione fosse obbligatoria ai sensi della normativa sulla trasparenza e sulla pubblicità legale degli atti e che, in ogni caso, la persona interessata fosse difficilmente identificabile, in quanto negli atti amministrativi oggetto di pubblicazione erano riportati solo il numero di matricola o le iniziali del cognome e del nome. Una delle due amministrazioni, tra l’altro, aveva affermato che la pubblicazione era stata avallata anche dal Responsabile per la protezione dei dati (Rpd/Dpo) dell’ente. Il Garante ha però rilevato che le normative citate non consentivano la diffusione di quei dati personali, tra cui quelli relativi a condanne penali e reati. L’interessato, inoltre, poteva facilmente essere identificato dai colleghi, da conoscenti e da numerosi altri soggetti in ambito locale. Il Comune e l’Unione di Comuni hanno ricevuto due sanzioni pecuniarie rispettivamente di 4.000 e 6.000 euro.
L’ultimo provvedimento riguarda, invece, un Comune che aveva inviato per posta elettronica, ad alcune testate locali, un “decreto di citazione” con i dati, riferibili anche a vicende penali e a misure di sicurezza e prevenzione, di cinque persone, tra cui tre testimoni citati a comparire. L’ente locale aveva giustificato la trasmissione del documento ai giornalisti con il fine di tutelare la propria immagine ed esercitare il legittimo diritto di critica nei confronti di alcuni attacchi pubblicati sulla stampa. Anche in questo caso, però, il Garante ha rilevato che la comunicazione di tali dati non fosse giustificata dalla presunta “esecuzione di un compito connesso all’esercizio di pubblici poteri” o da un’altra base normativa, come quella sulla trasparenza. Al Comune è quindi stata comminata una sanzione di 2.000 euro.
Il Garante, nell’approvare i provvedimenti e le relative sanzioni, ha ribadito agli enti locali che il trattamento di dati personali effettuati da soggetti pubblici è lecito solo se necessario per adempiere un obbligo legale al quale è soggetto il titolare del trattamento oppure per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento. Ha inoltre aggiunto che la diffusione di dati personali (come la pubblicazione su Internet), da parte di soggetti pubblici, è ammessa solo quando prevista da una norma di legge o di regolamento.
In ogni caso, l’ente locale è tenuto a rispettare i principi indicati dal Regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali, in particolare, quelli di liceità, correttezza e trasparenza nonché di minimizzazione, in base al quale i dati personali devono essere adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati.